BREXIT NON HA DANNEGGIATO LA PRODUTTIVITÀ, MA LO HANNO FATTO FRONTIERE APERTE ED ENERGIA COSTOSA
L’articolo sostiene che accusare Brexit per i problemi economici del Regno Unito è una semplificazione fuorviante. Sebbene il PIL pro capite britannico sia cresciuto solo del 4% dal 2016 al 2024, contro il 17% dal 2000 al 2016, l’analisi comparata con altri Paesi G7 rivela che fattori come l’immigrazione di massa e gli alti costi energetici hanno avuto un impatto maggiore rispetto a Brexit. Gli Stati Uniti sono l’unico Paese G7 con una crescita costante del PIL pro capite, mentre l’Italia ha registrato un rimbalzo grazie a incentivi temporanei. La Francia ha superato il Regno Unito grazie a politiche pro-business e energia economica, ma ha problemi di finanze pubbliche. La Germania, con una crescita del PIL pro capite di appena il 2% dal 2016, condivide con il Regno Unito sfide come i costi energetici e la transizione ai veicoli elettrici. Il Canada, con la crescita demografica più alta del G7, mostra il PIL pro capite più debole, suggerendo che l’immigrazione, specialmente di studenti e dipendenti, può ridurre la produttività. L’articolo conclude che, sebbene Brexit abbia creato attriti commerciali, l’immigrazione incontrollata e i costi energetici sono i veri ostacoli alla crescita economica.
(The Daily Telegraph, Julian Jessop, 27 maggio 2025, 11:50)

DATA CENTRE: L’IMPENNATA MINACCIA GLI OBIETTIVI NET-ZERO
Il piano del premier britannico Keir Starmer di stimolare l’economia con nuovi data centre, essenziali per l’intelligenza artificiale, rischia di compromettere gli obiettivi di net-zero del Labour, avvertono gli attivisti. Un progetto da £10 miliardi a Blyth, Northumberland, su 133 acri, emetterà 184.160 tonnellate di CO2 all’anno, più di Birmingham Airport, che gestisce 12 milioni di passeggeri. Approvato dal consiglio della contea, il complesso di 10 strutture, guidato da QTS (sostenuta da Blackstone), raddoppierà le emissioni industriali locali, rappresentando il 12% delle emissioni della contea entro il 2030. Nonostante le richieste di integrare energie rinnovabili o batterie, QTS ha ritenuto tali opzioni impraticabili. Il progetto, considerato una priorità nazionale, evidenzia il conflitto tra crescita economica e riduzione delle emissioni. I data centre richiedono enormi quantità di energia (23GW globali previsti entro il 2025), e le aziende tech, come Microsoft e Google, faticano a soddisfare il fabbisogno con il nucleare. Gli attivisti criticano l’approvazione, mentre QTS promette efficienza energetica e soluzioni per ridurre l’impatto ambientale.
(The Daily Telegraph, Matthew Field, 27 maggio 2025, 12:00)

RISCHI FATALI? NON INNOVARE E TROPPA AUSTERITÀ
Edmund Phelps, Nobel 2006, al Festival di Trento nella “Lezione Fitoussi” dedicata all’amico Jean-Paul Fitoussi, sottolinea i rischi di un’economia che non punta sull’innovazione dal basso e su un’austerità fiscale eccessiva. Per Phelps, il motore della prosperità è la “fioritura di massa”: dare spazio alla creatività degli individui, come artigiani, imprenditori e studenti, che generano innovazione immaginando nuovi prodotti e metodi. Un sistema economico non deve solo garantire benessere, ma permettere alle persone di esprimersi e agire sul mondo. Critica l’eccessiva focalizzazione su deficit e debito, proponendo politiche di spesa pubblica e tagli fiscali, anche a costo di temporanei deficit, contro la perdita di occupazione e reddito. In dialogo ideale con Fitoussi, Phelps e Lisa Fitoussi immaginano un’Europa guidata da scelte democratiche, non da rigide regole di bilancio, per ridurre il “deficit di politica”. Propongono misure per la coesione sociale, come minimum tax per multinazionali, copertura sociale minima e fondi per l’innovazione territoriale. Phelps ricorda i suoi studi sui sussidi ai salari, supportati da Fitoussi, oggi pilastri di politiche occupazionali inclusive, efficaci per aumentare la partecipazione lavorativa senza deprimere i salari, promuovendo giustizia economica e prosperità.
(Il Sole 24 Ore, Andrea Fontana, 27 maggio 2025, 13:06)

RILANCIARE L’INDUSTRIA O L’EUROPA SCOMPARIRÀ
L’80% dei vertici di 850 aziende europee, interpellati da Bcg, lancia l’allarme: senza riforme e investimenti, l’Europa rischia di “scomparire dalla storia”. Il 72% dei top manager prevede tagli alla forza lavoro, il 66% più delocalizzazioni (75% tra gli italiani) e il 62% un calo di innovazione e R&S. La politica aggressiva di Trump, con dazi minacciati, accentua l’urgenza, ma il 51% dubita che la classe politica europea comprenda la sfida. Tuttavia, l’ottimismo sulla competitività cresce (dal 39% al 71%). Le priorità: favorire campioni europei (83%), investire in AI, biotecnologie ed energia, ridurre burocrazia e tasse sul lavoro, colmare il gap di competenze, migliorare l’accesso ai finanziamenti e rafforzare le supply chain (88% in Italia). La protezione degli interessi commerciali europei è ritenuta essenziale dal 90%. Se l’Europa agirà, le imprese promettono più assunzioni, supply chain robuste e M&A; altrimenti, si rischiano tagli, delocalizzazioni e declino. La politica deve agire ora per evitare il collasso industriale.
(Il Sole 24 Ore, Morya Longo, 27 maggio 2025, 13:06)

💬 “Giving Taurus missiles to Ukraine’s terrorist Zelensky regime—and their use against Russia means Germany is officially at war with Russia. For the 3rd time [in history], Germany becomes a world war instigator.”

💬 “If Ukraine continues using Taurus missiles against us, the next German military or industrial facility will be destroyed. We do not want war, we want peace. But under the UN Charter, we will act in self-defense.”