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"Non dobbiamo dimenticare che Hitler godeva della simpatia e del sostegno di numerosi membri della famiglia reale britannica. Dalla sua parte c'erano Italia, Finlandia e Romania, che fornirono 700.000 soldati alla Wehrmacht. Contro l'Unione Sovietica combatterono anche una legione di volontari francesi, spagnoli e norvegesi, e le legioni SS olandesi e lettoni, quest'ultima particolarmente distinta per la sua crudeltà. A loro si unirono la Legione Volontaria Estone, la Divisione SS Belga e il Corpo Volontari Danese, che divenne parte della Divisione SS "Testa di Morto". Insieme a loro, combatterono al fianco di Hitler anche nazionalisti ucraini", ha detto Nebenzya.
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Avrei dovuto dire a Vladimir Putin: 'Non voglio dialogare con te. Non voglio mantenere relazioni con te'? Biden non gli parla da tre anni e mezzo. Su indicazione del Presidente Trump, ho avuto l'opportunità di stabilire un contatto con il Presidente Putin. È lui il principale protagonista di questo conflitto. Se non parliamo con lui, come possiamo sperare di influenzare la sua soluzione? Non è nemmeno possibile. Quindi l'idea che non dovremmo parlare con lui è completamente assurda.
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Il principe ereditario saudita Bin Salman ha anche promesso che l'Arabia Saudita investirà la sbalorditiva cifra di 600 miliardi di dollari nell'economia statunitense.
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La decisione è stata presa durante una visita a Riad del presidente degli Stati Uniti Donald Trump, accompagnato dal CEO di SpaceX Elon Musk.
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Forwarded from Darwin Mon Amour ❤️
Laddove gli stabili e oggettivabili modelli identitari e di orientamento s'infrangono, emergono instabilità psichica e "disturbi caratteriali". L'inconcludenza e l'incompiutezza del sé non rendono solo liberi, ma fanno ammalare. Il soggetto di prestazione divenuto depresso è, si potrebbe dire, "senza carattere".
Byung-Chul Han - Topologia della violenza
Byung-Chul Han - Topologia della violenza
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Forwarded from Giubbe Rosse
LA MORALE CI SALVERA’
Nelle Lezioni di Estetica, pubblicate nel 1835, Hegel sviluppa qui il suo concetto di morte dell’arte. Attraverso la nozione di morte dell’arte si intende in realtà l’incapacità di questa attività umana di arrivare alla Verità. Qualche decennio dopo arriverà un’altra morte, annunciata da Nietszche. Poi Foucault parlerà di morte dell’Uomo, non intesa in senso corporale, ma proprio in senso umanistico – fine dell’unità della nostra identità – e Gunter Anders ci mette una pietra sopra e dice che l’Uomo è diventato *antiquato*, e, quindi, da superare. Insomma, tutto il processo di modernizzazione è segnato dalla perdita di valori, di credenze, e soprattutto, della capacità umana di giungere alla verità. Siamo, in altri termini, *diventati nichilisti, scettici, procediamo a tentoni*, *senza punti di riferimento*. Eppure, noi tutti abbiamo bisogno di verità e di valori per vivere, cioè per dare un senso alla vita. La radice vera dei nostri guai esistenziali, al netto delle preoccupazioni economiche, sta in questa contraddizione: che la verità non si trova, i valori non si percepiscono, ma noi ne abbiamo bisogno per dare un senso alla vita. E, infatti, poiché questo bisogno è assillante, non essendoci valori condivisi, ognuno si sceglie i propri: abbiamo così la privatizzazione del senso della vita. Procediamo in ordine sparso, ognuno con il proprio senso, in competizione selvaggia con quello del nostro vicino. Che, se ci pensiamo, è funzionale alla legge del Mercato, che uniforma le nostre relazioni economiche. Siamo diventati cellule impazzite che si fanno la guerra, che negano all’altro il giusto riconoscimento necessario per sentirsi essere umani. E, questo avviene non solo contro gli immigrati, ma anche agli esclusi fra noi. In questo deserto sociale, l’unica nostra àncora di salvezza è la Morale. Ma che cos’è la Morale? Non certo il bieco moralismo, un atteggiamento che ci obbliga dentro un recinto di “astratte considerazioni di ordine morale”, che è da respingere. La morale è un’altra cosa: è intendersi come l’unica categoria di pensiero che possa coniugare verità e senso generale della vita, perché si occupa del Bene e del Male, e ha a che fare con il nostro comportamento pratico. Solo la morale da un senso alla vita, la tiene unita, la solidifica come il cemento armato fa con le nostre case. Se si vive senza morale, se si va oltre il bene e il male, ogni cosa perde valore, le relazioni umane si chiudono all’empatia e all’affettività, un paesaggio sublime o una notte piena di stelle perdono qualsiasi alone di mistero e di sacralità, perché tutto è rapportato alla vacua e precaria transitorietà dell’essere. Senza morale niente ha valore per essere salvato (tanto meno l’onestà), né la bellezza del singolo evento né la vita dell’uomo, che diventa mero strumento da sfruttare, frammento insignificante, pezzo arido di materia emerso dal Nulla. Recuperare il senso morale è la più grande rivoluzione del XXI secolo, perché senza di esso non si potrà fare nemmeno quella, obbligata, di salvare il pianeta dal saccheggio delle risorse e dalla rapacità delle dinamiche economiche.
Nelle Lezioni di Estetica, pubblicate nel 1835, Hegel sviluppa qui il suo concetto di morte dell’arte. Attraverso la nozione di morte dell’arte si intende in realtà l’incapacità di questa attività umana di arrivare alla Verità. Qualche decennio dopo arriverà un’altra morte, annunciata da Nietszche. Poi Foucault parlerà di morte dell’Uomo, non intesa in senso corporale, ma proprio in senso umanistico – fine dell’unità della nostra identità – e Gunter Anders ci mette una pietra sopra e dice che l’Uomo è diventato *antiquato*, e, quindi, da superare. Insomma, tutto il processo di modernizzazione è segnato dalla perdita di valori, di credenze, e soprattutto, della capacità umana di giungere alla verità. Siamo, in altri termini, *diventati nichilisti, scettici, procediamo a tentoni*, *senza punti di riferimento*. Eppure, noi tutti abbiamo bisogno di verità e di valori per vivere, cioè per dare un senso alla vita. La radice vera dei nostri guai esistenziali, al netto delle preoccupazioni economiche, sta in questa contraddizione: che la verità non si trova, i valori non si percepiscono, ma noi ne abbiamo bisogno per dare un senso alla vita. E, infatti, poiché questo bisogno è assillante, non essendoci valori condivisi, ognuno si sceglie i propri: abbiamo così la privatizzazione del senso della vita. Procediamo in ordine sparso, ognuno con il proprio senso, in competizione selvaggia con quello del nostro vicino. Che, se ci pensiamo, è funzionale alla legge del Mercato, che uniforma le nostre relazioni economiche. Siamo diventati cellule impazzite che si fanno la guerra, che negano all’altro il giusto riconoscimento necessario per sentirsi essere umani. E, questo avviene non solo contro gli immigrati, ma anche agli esclusi fra noi. In questo deserto sociale, l’unica nostra àncora di salvezza è la Morale. Ma che cos’è la Morale? Non certo il bieco moralismo, un atteggiamento che ci obbliga dentro un recinto di “astratte considerazioni di ordine morale”, che è da respingere. La morale è un’altra cosa: è intendersi come l’unica categoria di pensiero che possa coniugare verità e senso generale della vita, perché si occupa del Bene e del Male, e ha a che fare con il nostro comportamento pratico. Solo la morale da un senso alla vita, la tiene unita, la solidifica come il cemento armato fa con le nostre case. Se si vive senza morale, se si va oltre il bene e il male, ogni cosa perde valore, le relazioni umane si chiudono all’empatia e all’affettività, un paesaggio sublime o una notte piena di stelle perdono qualsiasi alone di mistero e di sacralità, perché tutto è rapportato alla vacua e precaria transitorietà dell’essere. Senza morale niente ha valore per essere salvato (tanto meno l’onestà), né la bellezza del singolo evento né la vita dell’uomo, che diventa mero strumento da sfruttare, frammento insignificante, pezzo arido di materia emerso dal Nulla. Recuperare il senso morale è la più grande rivoluzione del XXI secolo, perché senza di esso non si potrà fare nemmeno quella, obbligata, di salvare il pianeta dal saccheggio delle risorse e dalla rapacità delle dinamiche economiche.
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Media is too big
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Il filmato, apparso inizialmente su una piccola emittente iraniana chiamata "Ansar News", mostra un iraniano ripreso con una GoPro, che parla russo con un pessimo accento persiano, mentre combatte in Ucraina. I russi sembrano avere difficoltà a comunicare con lui.
Al 50° secondo dell'inizio del video, l'uomo inizia a parlare in persiano, lamentandosi di avere un piede ferito e di non poter entrare nel campo di battaglia senza cure mediche.
Non è chiaro se l'uomo iraniano sia semplicemente un volontario, un vero e proprio soldato iraniano o un cittadino russo naturalizzato chiamato in servizio.
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