Situazione sul fronte di Il'inovskaja: l'esercito russo continua ad avanzare a nord di Sukha Balka. Inoltre, le forze russe hanno raggiunto la periferia di Oleksandropil e hanno iniziato l'assalto a Nova Poltavka.
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“Le folle non hanno mai avuto sete di verità.
Dinanzi alle evidenze che a loro dispiacciono, si voltano da un’altra parte, preferendo deificare l’errore, se questo le seduce.
Chi sa fornire loro illusioni, può facilmente diventare il loro padrone, chi tenta di disilluderle è sempre la loro vittima”.
Gustave Le Bon, Psicologia delle folle, 1895
Dinanzi alle evidenze che a loro dispiacciono, si voltano da un’altra parte, preferendo deificare l’errore, se questo le seduce.
Chi sa fornire loro illusioni, può facilmente diventare il loro padrone, chi tenta di disilluderle è sempre la loro vittima”.
Gustave Le Bon, Psicologia delle folle, 1895
"I discorsi di coloro che parlano sui media di questioni di politica estera in Italia sono privi di ogni fondamento, perché fingono di ignorare che l’Italia non è una nazione sovrana, ma un protettorato. Secondo il diritto internazionale, una nazione che ospita sul suo territorio un numero di basi (alcune delle quali segrete e piene di bombe atomiche) pari a quello che gli Stati Uniti intrattengono in Italia non ha sovranità sulla sua politica estera, ma solo sulla sua politica interna; è, cioè, tecnicamente un protettorato.
(...) Lasciamo immaginare a chi ne ha voglia che cosa avverrebbe, infatti, a un capo di stato che aprisse una vertenza sulla presenza delle basi degli Stati Uniti sul nostro territorio. Eppure la questione va ben al di là di un problema di sovranità, dal momento che essa implica che, nel caso di una nuova guerra mondiale, l’Italia sarebbe il primo paese a subire un bombardamento nucleare che la distruggerebbe interamente. È purtroppo inutile sperare che i giornalisti pagati dal potere per ora ancora dominante si pongano questo genere di problemi."
Giorgio Agamben, Stati sovrani e protettorati, Quodlibet, 17 gennaio 2024
(...) Lasciamo immaginare a chi ne ha voglia che cosa avverrebbe, infatti, a un capo di stato che aprisse una vertenza sulla presenza delle basi degli Stati Uniti sul nostro territorio. Eppure la questione va ben al di là di un problema di sovranità, dal momento che essa implica che, nel caso di una nuova guerra mondiale, l’Italia sarebbe il primo paese a subire un bombardamento nucleare che la distruggerebbe interamente. È purtroppo inutile sperare che i giornalisti pagati dal potere per ora ancora dominante si pongano questo genere di problemi."
Giorgio Agamben, Stati sovrani e protettorati, Quodlibet, 17 gennaio 2024
Forwarded from Giubbe Rosse
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"Alla vigilia del Giorno della Vittoria, Uralvagonzavod ha inviato un altro scaglione di carri armati T-90M Proryv alle Forze Armate della Federazione Russa. Una settimana prima, alla vigilia della Festa della Primavera e del Lavoro, era stato spedito un lotto di carri armati T-72B3M", ha riferito l'ufficio stampa dell'azienda.
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Il Dipartimento di Stato ha informato anche tutte le agenzie di intelligence europee e i capi di Stato.
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Viviamo tempi interessanti. E soprattutto i diciotto franchi tiratori chissà chi li ha istruiti. Forse l'uomo dal cappello rosso...
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Media is too big
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Il partito Alternativa per la Germania chiede nuove elezioni dopo la sconfitta di Merz
La leader dell'AfD Alice Weidel:
"Friedrich Merz è diventato il primo candidato cancelliere nella storia tedesca a fallire il primo turno di votazioni nel Bundestag "
Questa mattina, il leader del partito CDU, Friedrich Merz, non è riuscito a ottenere abbastanza voti in parlamento per essere eletto nuovo cancelliere della Germania.
Merz ha ricevuto 310 voti a favore, 307 contrari e 3 astensioni. Ne servivano 316.
Sebbene la CDU e il suo partner di coalizione SPD detengano 328 seggi, il risultato evidenzia divisioni interne.
Ciò non ha precedenti nella storia politica tedesca. Il Cancelliere fallisce al primo voto dopo il successo dell'accordo di coalizione.
Merz ha lasciato il Parlamento: nel video qui sopra scopre di non aver superato il voto; La CDU ha convocato una riunione d'urgenza e anche gli altri partiti stanno tenendo colloqui.
Oggi il Bundestag non terrà un secondo turno di votazioni sulla candidatura di Merz a cancelliere.
La leader dell'AfD Alice Weidel:
"Friedrich Merz è diventato il primo candidato cancelliere nella storia tedesca a fallire il primo turno di votazioni nel Bundestag "
Questa mattina, il leader del partito CDU, Friedrich Merz, non è riuscito a ottenere abbastanza voti in parlamento per essere eletto nuovo cancelliere della Germania.
Merz ha ricevuto 310 voti a favore, 307 contrari e 3 astensioni. Ne servivano 316.
Sebbene la CDU e il suo partner di coalizione SPD detengano 328 seggi, il risultato evidenzia divisioni interne.
Ciò non ha precedenti nella storia politica tedesca. Il Cancelliere fallisce al primo voto dopo il successo dell'accordo di coalizione.
Merz ha lasciato il Parlamento: nel video qui sopra scopre di non aver superato il voto; La CDU ha convocato una riunione d'urgenza e anche gli altri partiti stanno tenendo colloqui.
Oggi il Bundestag non terrà un secondo turno di votazioni sulla candidatura di Merz a cancelliere.
Tra il 1998 e il 2015, il bilancio degli Stati Uniti ha registrato 21 trilioni di dollari di spese non contabilizzate. Secondo lei, questi fondi servirono a finanziare bunker e un sistema di trasporto sotterraneo.
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Il Primo Ministro Ulf Kristersson ha annunciato un aumento dell'indennità di uscita a 32.000 euro per adulto❗️ . L'importo attuale dell'indennità è di 900 euro , il che comporterebbe un aumento del 3.400% ❗️. La decisione entrerà in vigore il 1° gennaio 2026.
La Svezia stessa, che ha accolto dai 45 ai 60 mila cittadini ucraini , non è il posto più favorevole in cui vivere comodamente per i familiari a carico provenienti dall'Ucraina, a causa dell'accesso limitato ai servizi (assicurazioni, assistenza medica e servizi bancari) e dell'elevato costo delle spese domestiche (cibo, alloggio).
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A breve verrà effettuato uno sciopero di massa sul territorio aeroportuale.
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Le cause sono l'immigrazione clandestina, le minacce terroristiche e l'instabilità regionale.
Con il ripristino dei controlli di frontiera, i viaggiatori dovranno portare con sé il passaporto e altri documenti.
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Forwarded from Rossa Primavera
Nei giorni scorsi sono apparsi manifesti affissi per conto di ENI a bordo strada e nelle pensiline del trasporto pubblico su ruota, segnalati per ora nella città di Firenze.
Il manifesto riporta il marchio Eni in cui dentro al cane a sei zampe si vedono un gruppo di soldati intento a cacciare altri non meglio noti combattenti a mani in alto. Nella parte alta, sembra in lontananza, si vedono le macerie di una città da cui sorgono un paio di stazioni di estrazione di gas. Il cane a sei zampe è intento a calpestare con le zampe posteriori la bandiera della Palestina, in perpendicolare ai genitali. Sotto campeggia la scritta gigante ENI seguita dallo slogan "al fianco del genocidio".
Ad una prima e veloce vista del manifesto, l'esperienza di chi passa in auto o in scooter, ma finanche a piedi mentre aspetta il bus, quello che più risalta per colore è la bandiera palestinese che negli ultimi mesi è stata sventolata e ricondotta ai movimenti a fianco della Palestina. Nella frase più piccola vicino al logo ENI, sta scritto "al fianco del genocidio". L'individuo qualunque, non conoscendo gli interessi di ENI e catturato dalla sola grafica, rischia di convincersi a trovarsi davanti un manifesto al fianco del popolo palestinese.
E' forse questo il motivo per cui si parla poco di questa campagna ad opera di una azienda dallo Stato, se pur per poco. Infatti in ENI il principale azionista privato dopo l'Italia è BlackRock, che è con Vanguard e State Street, il principale azionista di KKR (entrato in ENIlive). Lo Stato italiano ha ceduto nel Maggio 24 il 2.8% delle quote ENI (in sconto) abdicando al potere decisionale, incassando 1.4 miliardi, perdendo 23 milioni di dividendi (ENI è in attivo lo Stato può uscirne). Un'azienda pubblica finanzia questa campagna politica, dove, al contrario di altra pubblicistica più ambigua, si mette per iscritto che quello perpetrato oggi in Palestina dallo stato di Israele sovvenzionato dall'Occidente, è un genocidio; rispetto al quale, per ENI, la posizione non può che essere al suo fianco. Secondo un presunto principio di interesse nazionale visto il coinvolgimento (passivo) dello Stato.
Quello che sta accadendo in Palestina tocca 4 generazioni e 70 anni di guerra civile. Negli ultimi anni lo sterminio ha subito un'accelerazione che è sotto gli occhi di tutti. Una strategia (implicita nei patti di Abramo) che ha come obbiettivo la via del cotone, alternativa USA alla via della seta cinese, la quale prevede un collegamento tra i porti degli Emirati e India per passaggio di gas, petrolio e merci fino alla costa mediterranea di Israele. Oltre all'obbiettivo logistico vi è anche quello di impadronirsi dei giacimenti di gas e petroliferi al largo delle coste libanesi e palestinesi. Per questo l'offensiva contro Hamas e contro Hezbollah. La via del cotone privilegerebbe i paesi sunniti del golfo tagliando fuori Iran e Cina.
E' proprio quando si parla di giacimenti off-shore che entra in gioco ENI. ENI (e altre compagnie petrolifere occidentali) appena tre settimane dopo l'attacco di Hamas, ha ottenuto da Israele una licenza per esplorare e scoprire ulteriori giacimenti off-shore di gas naturale in una zona marittima adiacente alle coste di Gaza.
La licenza data ad ENI da Israele è oggi vincolata da una diffida all'ente ad iniziare i lavori di estrazione nelle aree marittime in oggetto perché in tal modo si renderebbe complice di crimini di guerra. Ai sensi del diritto internazionale applicabile a Israele in quanto stato occupante, è vietato sfruttare le risorse non rinnovabili del territorio occupato a beneficio dell'occupante. La diffida è stata prodotta da uno studio legale di Boston a cui si sono rivolti alcuni gruppi palestinesi per i diritti umani. Questo sarà vero finché esisterà una Palestina istituzionale rappresentabile nei circoli borghesi. Questo sarà vero finché esisterà una Palestina che si affaccia sul mediterraneo e non una piccola e insignificante enclave che per sopravvivere continuerà a lavorare al servizio dei coloni israeliani.
Ecco perché ENI è al fianco del genocidio.
Il manifesto riporta il marchio Eni in cui dentro al cane a sei zampe si vedono un gruppo di soldati intento a cacciare altri non meglio noti combattenti a mani in alto. Nella parte alta, sembra in lontananza, si vedono le macerie di una città da cui sorgono un paio di stazioni di estrazione di gas. Il cane a sei zampe è intento a calpestare con le zampe posteriori la bandiera della Palestina, in perpendicolare ai genitali. Sotto campeggia la scritta gigante ENI seguita dallo slogan "al fianco del genocidio".
Ad una prima e veloce vista del manifesto, l'esperienza di chi passa in auto o in scooter, ma finanche a piedi mentre aspetta il bus, quello che più risalta per colore è la bandiera palestinese che negli ultimi mesi è stata sventolata e ricondotta ai movimenti a fianco della Palestina. Nella frase più piccola vicino al logo ENI, sta scritto "al fianco del genocidio". L'individuo qualunque, non conoscendo gli interessi di ENI e catturato dalla sola grafica, rischia di convincersi a trovarsi davanti un manifesto al fianco del popolo palestinese.
E' forse questo il motivo per cui si parla poco di questa campagna ad opera di una azienda dallo Stato, se pur per poco. Infatti in ENI il principale azionista privato dopo l'Italia è BlackRock, che è con Vanguard e State Street, il principale azionista di KKR (entrato in ENIlive). Lo Stato italiano ha ceduto nel Maggio 24 il 2.8% delle quote ENI (in sconto) abdicando al potere decisionale, incassando 1.4 miliardi, perdendo 23 milioni di dividendi (ENI è in attivo lo Stato può uscirne). Un'azienda pubblica finanzia questa campagna politica, dove, al contrario di altra pubblicistica più ambigua, si mette per iscritto che quello perpetrato oggi in Palestina dallo stato di Israele sovvenzionato dall'Occidente, è un genocidio; rispetto al quale, per ENI, la posizione non può che essere al suo fianco. Secondo un presunto principio di interesse nazionale visto il coinvolgimento (passivo) dello Stato.
Quello che sta accadendo in Palestina tocca 4 generazioni e 70 anni di guerra civile. Negli ultimi anni lo sterminio ha subito un'accelerazione che è sotto gli occhi di tutti. Una strategia (implicita nei patti di Abramo) che ha come obbiettivo la via del cotone, alternativa USA alla via della seta cinese, la quale prevede un collegamento tra i porti degli Emirati e India per passaggio di gas, petrolio e merci fino alla costa mediterranea di Israele. Oltre all'obbiettivo logistico vi è anche quello di impadronirsi dei giacimenti di gas e petroliferi al largo delle coste libanesi e palestinesi. Per questo l'offensiva contro Hamas e contro Hezbollah. La via del cotone privilegerebbe i paesi sunniti del golfo tagliando fuori Iran e Cina.
E' proprio quando si parla di giacimenti off-shore che entra in gioco ENI. ENI (e altre compagnie petrolifere occidentali) appena tre settimane dopo l'attacco di Hamas, ha ottenuto da Israele una licenza per esplorare e scoprire ulteriori giacimenti off-shore di gas naturale in una zona marittima adiacente alle coste di Gaza.
La licenza data ad ENI da Israele è oggi vincolata da una diffida all'ente ad iniziare i lavori di estrazione nelle aree marittime in oggetto perché in tal modo si renderebbe complice di crimini di guerra. Ai sensi del diritto internazionale applicabile a Israele in quanto stato occupante, è vietato sfruttare le risorse non rinnovabili del territorio occupato a beneficio dell'occupante. La diffida è stata prodotta da uno studio legale di Boston a cui si sono rivolti alcuni gruppi palestinesi per i diritti umani. Questo sarà vero finché esisterà una Palestina istituzionale rappresentabile nei circoli borghesi. Questo sarà vero finché esisterà una Palestina che si affaccia sul mediterraneo e non una piccola e insignificante enclave che per sopravvivere continuerà a lavorare al servizio dei coloni israeliani.
Ecco perché ENI è al fianco del genocidio.
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