A Kharkiv, dopo un'improvvisa esplosione, è avvenuto un completo blackout, oltre il 95% dei quartieri è senza elettricità. Poltava è ancora parzialmente alimentata, ma a giudicare dalle foto dei salti di tensione, sembra che si stia preparando a unirsi a Kharkiv.
Probabilmente la Russia sta utilizzando in Ucraina armi di ultima generazione.
Probabilmente la Russia sta utilizzando in Ucraina armi di ultima generazione.
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Forwarded from L'AntiDiplomatico
Nel '41, dicono, era stato solo grazie al “generale moroz”, il gelo, se i tedeschi erano stati fermati alle porte di Mosca, quando ormai i reparti avanzati della Wehrmacht osservavano, dalle colline circostanti, le cupole delle cattedrali dentro le mura del Cremlino. Oggi vi dicono che è grazie al “generale tuman”, la nebbia...
Cosa c'è di vero in quello che scrive oggi gli ineffabili Di Feo e Cremonini ?
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-cosa_c_di_vero_sulleffetto_nebbia/45289_63606/
Cosa c'è di vero in quello che scrive oggi gli ineffabili Di Feo e Cremonini ?
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Cosa c'è di vero sull''"effetto nebbia"?
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Forwarded from L'AntiDiplomatico
Jeffrey Sachs ha deciso oggi di umiliare il povero Calenda con un editoriale (DEFINITIVO) che vi riproponiamo
Considerando le prove riportate di seguito, chiedo ai lettori italiani di riflettere sul seguente scenario. Supponiamo che un governo italiano sia stato destituito a seguito di proteste di piazza in cui alti politici russi si sono recati a Roma per incoraggiare i manifestanti. Supponiamo inoltre che i media italiani che hanno coperto le proteste di piazza siano stati fortemente finanziati dal governo russo, che ha investito centinaia di milioni di euro per “migliorare” i media italiani. Supponiamo che, quando il governo italiano fosse stato rovesciato, il governo russo avesse appoggiato il nuovo governo invece di chiedere il ripristino del governo costituzionale.
Considerereste bugiardo chiunque dichiarasse che la Russia ha sostenuto il cambio di regime? Questi sono i fatti essenziali sul coinvolgimento americano nel cambio di regime in Ucraina nel 2014.
https://www.lantidiplomatico.it/dettnews-jeffrey_sachs__la_grande_mano_usa_in_ucraina_dal_2014/39602_63610/
Considerando le prove riportate di seguito, chiedo ai lettori italiani di riflettere sul seguente scenario. Supponiamo che un governo italiano sia stato destituito a seguito di proteste di piazza in cui alti politici russi si sono recati a Roma per incoraggiare i manifestanti. Supponiamo inoltre che i media italiani che hanno coperto le proteste di piazza siano stati fortemente finanziati dal governo russo, che ha investito centinaia di milioni di euro per “migliorare” i media italiani. Supponiamo che, quando il governo italiano fosse stato rovesciato, il governo russo avesse appoggiato il nuovo governo invece di chiedere il ripristino del governo costituzionale.
Considerereste bugiardo chiunque dichiarasse che la Russia ha sostenuto il cambio di regime? Questi sono i fatti essenziali sul coinvolgimento americano nel cambio di regime in Ucraina nel 2014.
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Jeffrey Sachs - La grande mano Usa in Ucraina dal 2014
La cacciata del presidente eletto Yanukovich, la scelta del nuovo leader e il massiccio finanziamento da parte di tante Ong statunitensi dei movimenti impegnati nelle manifestazioni di Maidan
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Trump firma la legge che pone fine al più lungo shutdown della storia degli Stati Uniti (43 giorni)
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Rubio ha dichiarato che a Washington sono rimasti quasi nessun strumento per imporre nuove sanzioni contro la Russia.
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Nel semi-accerchiamento, l'esercito ucraino ha iniziato a mostrare segni di debolezza. A sud, sono già in corso operazioni di rastrellamento a Sukhyi Yar dopo la ritirata ucraina verso Myrnohrad. Lì, nella parte meridionale, le truppe ucraine si sono ritirate a ovest di via Tolbukhina e del microdistretto Zapadny, dove le forze russe stanno premendo per tagliare le comunicazioni con la parte nord della città. È in corso anche un'avanzata da Kohozhkine, che potrebbe portare all'accerchiamento del gruppo meridionale di truppe ucraine già assediate. Nella parte nord della città, la resa dei soldati ucraini ha accelerato anche le avanzate russe nel microdistretto Damanskyi, dove sono in corso anche operazioni di rastrellamento.
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Forwarded from Pino Cabras
𝗖𝗢𝗠𝗘 𝗟’𝗘𝗨𝗥𝗢𝗣𝗔 𝗩𝗨𝗢𝗟𝗘 𝗣𝗜𝗖𝗜𝗘𝗥𝗡𝗜𝗭𝗭𝗔𝗥𝗖𝗜: 𝗗𝗔𝗟𝗟𝗢 𝗦𝗖𝗨𝗗𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗗𝗘𝗠𝗢𝗖𝗥𝗔𝗭𝗜𝗔 𝗔𝗟 𝗠𝗜𝗡𝗜𝗦𝗧𝗘𝗥𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗩𝗘𝗥𝗜𝗧À [PARTE PRIMA]
I No Pax ieri hanno squillato le trombe. La nuova iniziativa della Commissione europea sulla "protezione della democrazia e del processo elettorale" parla il linguaggio levigato delle burocrazie orwelliane del XXI secolo, ma l’odore è quello di un vecchio manuale di sorveglianza politica. L’UE dice di voler usare il suo 𝗦𝗰𝘂𝗱𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗗𝗲𝗺𝗼𝗰𝗿𝗮𝘇𝗶𝗮 per difendere lo spazio pubblico da “manipolazioni”, “interferenze” e “campagne ostili”, ma lo strumento concreto che costruisce è un sistema di amministrazione del pensiero che separa l’informazione “affidabile” da quella sotto sospetto, come se la democrazia fosse una serra da custodire con pesticidi e controllori. È l’anticamera di un mondo in cui il dissenso sarà tollerato solo se filologico e ornamentale, mai se sostanziale.
Il problema non è tanto l’intenzione dichiarata, quanto semmai il dispositivo che la sorregge. Quando un potere politico decide chi è disinformatore e chi è “resiliente”, chi è manipolato e chi è virtuoso, quando le definizioni sono ampie e gommose e si legano a un tema incandescente come la guerra in Ucraina, inevitabilmente si apre lo spazio per l’𝗮𝗯𝘂𝘀𝗼. L’UE non introduce censura per decreto: introduce 𝘂𝗻 𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 '𝗽𝗿𝗲𝗽𝗮𝗿𝗮' 𝗹𝗮 𝗰𝗲𝗻𝘀𝘂𝗿𝗮, 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝗻𝗼𝗿𝗺𝗮𝗹𝗶𝘇𝘇𝗮, che la rende un fatto amministrativo invece che politico. È la logica del “noi proteggeremo la vostra democrazia da voi stessi”, che ogni sistema di potere ama ripetere quando comincia a dubitare della propria legittimità.
Il secondo pilastro, ancora più insidioso, è quello del 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶𝗿𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗮𝗶 𝗺𝗲𝗱𝗶𝗮 e alle organizzazioni della cosiddetta società civile. Già oggi, in Italia e in Europa, intere testate sopravvivono quasi esclusivamente grazie a fondi pubblici, a programmi europei, a bandi che premiano chi sposa una certa visione del mondo: europeista, atlantista, “valoriale”, conformata ai codici della nuova ortodossia. È 𝘂𝗻 𝗺𝗼𝗱𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗰𝗲𝗻𝘀𝘂𝗿𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗺𝗮𝗻𝗴𝗮𝗻𝗲𝗹𝗹𝗼, 𝗺𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗹𝗮 𝘀𝗼𝘃𝘃𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. Il giornale che vive di fondi europei non ha bisogno di essere zittito: si zittisce da solo. Il giornalismo che dovrebbe controllare il potere diventa un suo dipartimento esterno. Questo meccanismo, inserito dentro il nuovo pacchetto sulla “resilienza democratica”, rischia di trasformare la stampa in una cinghia di trasmissione delle narrazioni ufficiali, con un effetto di “corruzione legalizzata” che mina alla radice il pluralismo. 𝗜𝗻 𝗨𝗰𝗿𝗮𝗶𝗻𝗮 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗯𝗮𝘀𝘁𝗮𝘁𝗶 𝗽𝗼𝗰𝗵𝗶 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗮 𝗰𝘂𝗿𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗰𝗶𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗲 𝗮𝗹 𝗱𝗶𝘀𝗮𝘀𝘁𝗿𝗼. La scala è ora continentale, e molte lingue redazionali sono già rodate da anni di sudditanza.
Il punto, qui, non è ideologico: è costituzionale. L’𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 𝟮𝟭 della Carta italiana protegge la libertà di manifestazione del pensiero senza limiti preventivi e senza che esista un’autorità che stabilisca quali opinioni siano “affidabili” o quali fonti meritino cittadinanza nello spazio pubblico. L’𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 𝟰𝟵 tutela la partecipazione politica, che ha senso solo in un contesto di informazione non filtrata dal potere, mentre l’𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 𝟵𝟴 richiede alla pubblica amministrazione imparzialità e non adesione a narrative precostruite.
[…]
[fine prima parte]
[SEGUE…]
I No Pax ieri hanno squillato le trombe. La nuova iniziativa della Commissione europea sulla "protezione della democrazia e del processo elettorale" parla il linguaggio levigato delle burocrazie orwelliane del XXI secolo, ma l’odore è quello di un vecchio manuale di sorveglianza politica. L’UE dice di voler usare il suo 𝗦𝗰𝘂𝗱𝗼 𝗽𝗲𝗿 𝗹𝗮 𝗗𝗲𝗺𝗼𝗰𝗿𝗮𝘇𝗶𝗮 per difendere lo spazio pubblico da “manipolazioni”, “interferenze” e “campagne ostili”, ma lo strumento concreto che costruisce è un sistema di amministrazione del pensiero che separa l’informazione “affidabile” da quella sotto sospetto, come se la democrazia fosse una serra da custodire con pesticidi e controllori. È l’anticamera di un mondo in cui il dissenso sarà tollerato solo se filologico e ornamentale, mai se sostanziale.
Il problema non è tanto l’intenzione dichiarata, quanto semmai il dispositivo che la sorregge. Quando un potere politico decide chi è disinformatore e chi è “resiliente”, chi è manipolato e chi è virtuoso, quando le definizioni sono ampie e gommose e si legano a un tema incandescente come la guerra in Ucraina, inevitabilmente si apre lo spazio per l’𝗮𝗯𝘂𝘀𝗼. L’UE non introduce censura per decreto: introduce 𝘂𝗻 𝗮𝗽𝗽𝗮𝗿𝗮𝘁𝗼 𝗰𝗵𝗲 '𝗽𝗿𝗲𝗽𝗮𝗿𝗮' 𝗹𝗮 𝗰𝗲𝗻𝘀𝘂𝗿𝗮, 𝗰𝗵𝗲 𝗹𝗮 𝗻𝗼𝗿𝗺𝗮𝗹𝗶𝘇𝘇𝗮, che la rende un fatto amministrativo invece che politico. È la logica del “noi proteggeremo la vostra democrazia da voi stessi”, che ogni sistema di potere ama ripetere quando comincia a dubitare della propria legittimità.
Il secondo pilastro, ancora più insidioso, è quello del 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮𝗺𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗱𝗶𝗿𝗲𝘁𝘁𝗼 𝗮𝗶 𝗺𝗲𝗱𝗶𝗮 e alle organizzazioni della cosiddetta società civile. Già oggi, in Italia e in Europa, intere testate sopravvivono quasi esclusivamente grazie a fondi pubblici, a programmi europei, a bandi che premiano chi sposa una certa visione del mondo: europeista, atlantista, “valoriale”, conformata ai codici della nuova ortodossia. È 𝘂𝗻 𝗺𝗼𝗱𝗲𝗹𝗹𝗼 𝗰𝗵𝗲 𝗻𝗼𝗻 𝗰𝗲𝗻𝘀𝘂𝗿𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗶𝗹 𝗺𝗮𝗻𝗴𝗮𝗻𝗲𝗹𝗹𝗼, 𝗺𝗮 𝗰𝗼𝗻 𝗹𝗮 𝘀𝗼𝘃𝘃𝗲𝗻𝘇𝗶𝗼𝗻𝗲. Il giornale che vive di fondi europei non ha bisogno di essere zittito: si zittisce da solo. Il giornalismo che dovrebbe controllare il potere diventa un suo dipartimento esterno. Questo meccanismo, inserito dentro il nuovo pacchetto sulla “resilienza democratica”, rischia di trasformare la stampa in una cinghia di trasmissione delle narrazioni ufficiali, con un effetto di “corruzione legalizzata” che mina alla radice il pluralismo. 𝗜𝗻 𝗨𝗰𝗿𝗮𝗶𝗻𝗮 𝘀𝗼𝗻𝗼 𝗯𝗮𝘀𝘁𝗮𝘁𝗶 𝗽𝗼𝗰𝗵𝗶 𝗮𝗻𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗲𝘀𝘁𝗮 𝗰𝘂𝗿𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗰𝗼𝗻𝘀𝗲𝗴𝗻𝗮𝗿𝗲 𝗱𝗲𝗰𝗶𝗻𝗲 𝗱𝗶 𝗺𝗶𝗹𝗶𝗼𝗻𝗶 𝗱𝗶 𝗽𝗲𝗿𝘀𝗼𝗻𝗲 𝗮𝗹 𝗱𝗶𝘀𝗮𝘀𝘁𝗿𝗼. La scala è ora continentale, e molte lingue redazionali sono già rodate da anni di sudditanza.
Il punto, qui, non è ideologico: è costituzionale. L’𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 𝟮𝟭 della Carta italiana protegge la libertà di manifestazione del pensiero senza limiti preventivi e senza che esista un’autorità che stabilisca quali opinioni siano “affidabili” o quali fonti meritino cittadinanza nello spazio pubblico. L’𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 𝟰𝟵 tutela la partecipazione politica, che ha senso solo in un contesto di informazione non filtrata dal potere, mentre l’𝗮𝗿𝘁𝗶𝗰𝗼𝗹𝗼 𝟵𝟴 richiede alla pubblica amministrazione imparzialità e non adesione a narrative precostruite.
[…]
[fine prima parte]
[SEGUE…]
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[… SEGUE]
𝗖𝗢𝗠𝗘 𝗟’𝗘𝗨𝗥𝗢𝗣𝗔 𝗩𝗨𝗢𝗟𝗘 𝗣𝗜𝗖𝗜𝗘𝗥𝗡𝗜𝗭𝗭𝗔𝗥𝗖𝗜: 𝗗𝗔𝗟𝗟𝗢 𝗦𝗖𝗨𝗗𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗗𝗘𝗠𝗢𝗖𝗥𝗔𝗭𝗜𝗔 𝗔𝗟 𝗠𝗜𝗡𝗜𝗦𝗧𝗘𝗥𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗩𝗘𝗥𝗜𝗧À [PARTE SECONDA]
𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗶𝗹 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗽𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗼–𝗮𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗶𝘃𝗼 𝗱𝗲𝗳𝗶𝗻𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗹’𝗼𝗿𝘁𝗼𝗱𝗼𝘀𝘀𝗶𝗮 𝗲 𝗮𝗹 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗲𝗽𝘂𝘁𝗮𝘁𝗶 𝗮 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗼𝗻𝗱𝗲𝗿𝗹𝗮, si crea un corto circuito che la Costituzione non contempla e che avrebbe fatto rabbrividire i padri costituenti.
Tutto questo avviene mentre l’Europa si avvita in una spirale di 𝗿𝗶𝗮𝗿𝗺𝗼 𝗰𝗼𝗹𝗼𝘀𝘀𝗮𝗹𝗲, e prepara le opinioni pubbliche all’idea che il nemico sia ovunque: nelle piazze, nelle periferie del web, nelle parole che non si allineano. La chiamano sicurezza, solo che somiglia sempre di più a un nuovo 𝗺𝗮𝗰𝗰𝗮𝗿𝘁𝗶𝘀𝗺𝗼 d’ordinanza, alimentato da figure che hanno fatto della russofobia una professione, da Pina Picierno a Carlo Calenda, che non a caso adesso ci vengono proposti in tutte le salse dagli algoritmi social, laddove in piazza riescono a portare appena pochissimi sfigati, come ieri a Torino quei sedicenti "liberali" che volevano tappare la bocca agli studiosi di Gobetti e Gramsci.
𝗟𝗮 𝗿𝗲𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗮 𝗲 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗮: 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗱𝗶𝘀𝘀𝗲𝗻𝘀𝗼 𝗲 𝘀𝗼𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗼, ogni dubbio è un assist al Cremlino, ogni analisi che non coincide con quella della NATO è “interferenza straniera”. È un clima politico costruito su una patologica semplificazione del reale, indispensabile per preparare l’opinione pubblica alla grande riconversione economica e industriale che richiede l’economia di guerra europea.
La misura della Commissione non va letta in isolamento. È un tassello di una più ampia architettura ideologica che punta a blindare il continente dentro una narrazione univoca, con la scusa dell’emergenza permanente. E non è nemmeno necessario sforzarsi per immaginare scenari distopici: basta osservare la traiettoria degli ultimi anni. Ogni crisi — pandemica, energetica, geopolitica — ha prodotto un arretramento degli spazi democratici, una crescita del decisionismo tecnocratico, una riduzione del pluralismo. La novità è che adesso si vuole dare a tutto ciò una 𝗯𝗮𝘀𝗲 𝗻𝗼𝗿𝗺𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗽𝗲𝗿𝗺𝗮𝗻𝗲𝗻𝘁𝗲, costruita intorno a un concetto di “democrazia difesa dall’alto” che, per difendersi, finisce per assomigliare ai sistemi che dice di combattere.
Rendiamoci conto del rischio: una democrazia in cui 𝗹𝗮 𝘃𝗲𝗿𝗶𝘁𝗮 𝗲 𝗱𝗲𝗰𝗶𝘀𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗽𝗿𝗼𝘁𝗼𝗰𝗼𝗹𝗹𝗼, in cui i media dipendono dal finanziatore pubblico, in cui il dissenso viene incasellato come “interferenza”, è una democrazia solo nel lessico, non più nella sostanza. E i nostri diritti costituzionali, purtroppo per Ursula e Pina, richiedono sostanza. I loro 𝗮𝘀𝗰𝗮𝗿𝗶 e 𝗴𝗲𝗿𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶 ora abbaiano più del solito, non fanno che 𝗽𝗼𝗹𝗮𝗿𝗶𝘇𝘇𝗮𝗿𝗲 ogni spazio di discussione per far poi raccogliere ai loro danti causa i frutti della militarizzazione del dibattito.
Anche alle persone lontane dal mio pensiero, anche ai membri dei partiti totalmente inseriti nel paradigma europeista e atlantista, mi sento di rivolgere un appello: 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗼𝘃𝗮𝗹𝘂𝘁𝗮𝘁𝗲 𝗹'𝗶𝗻𝘁𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗶𝗰𝗶𝗱𝗮 𝗱𝗶 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗲 𝘃𝗼𝘀𝘁𝗿𝗲 𝗳𝗶𝗹𝗮! Avete vicini pericolosi che porteranno voi, i vostri partiti e interi paesi al totale disastro bellico passando per la definitiva manomissione dei media e delle elezioni. Serve il senno del prima, non quello del poi. Fermate la corsa del treno della guerra.
[FINE]
𝗖𝗢𝗠𝗘 𝗟’𝗘𝗨𝗥𝗢𝗣𝗔 𝗩𝗨𝗢𝗟𝗘 𝗣𝗜𝗖𝗜𝗘𝗥𝗡𝗜𝗭𝗭𝗔𝗥𝗖𝗜: 𝗗𝗔𝗟𝗟𝗢 𝗦𝗖𝗨𝗗𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗗𝗘𝗠𝗢𝗖𝗥𝗔𝗭𝗜𝗔 𝗔𝗟 𝗠𝗜𝗡𝗜𝗦𝗧𝗘𝗥𝗢 𝗗𝗘𝗟𝗟𝗔 𝗩𝗘𝗥𝗜𝗧À [PARTE SECONDA]
𝗤𝘂𝗮𝗻𝗱𝗼 𝗶𝗹 𝗽𝗼𝘁𝗲𝗿𝗲 𝗽𝗼𝗹𝗶𝘁𝗶𝗰𝗼–𝗮𝗺𝗺𝗶𝗻𝗶𝘀𝘁𝗿𝗮𝘁𝗶𝘃𝗼 𝗱𝗲𝗳𝗶𝗻𝗶𝘀𝗰𝗲 𝗹’𝗼𝗿𝘁𝗼𝗱𝗼𝘀𝘀𝗶𝗮 𝗲 𝗮𝗹 𝘁𝗲𝗺𝗽𝗼 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗼 𝗳𝗶𝗻𝗮𝗻𝘇𝗶𝗮 𝗴𝗹𝗶 𝗮𝘁𝘁𝗼𝗿𝗶 𝗱𝗲𝗽𝘂𝘁𝗮𝘁𝗶 𝗮 𝗱𝗶𝗳𝗳𝗼𝗻𝗱𝗲𝗿𝗹𝗮, si crea un corto circuito che la Costituzione non contempla e che avrebbe fatto rabbrividire i padri costituenti.
Tutto questo avviene mentre l’Europa si avvita in una spirale di 𝗿𝗶𝗮𝗿𝗺𝗼 𝗰𝗼𝗹𝗼𝘀𝘀𝗮𝗹𝗲, e prepara le opinioni pubbliche all’idea che il nemico sia ovunque: nelle piazze, nelle periferie del web, nelle parole che non si allineano. La chiamano sicurezza, solo che somiglia sempre di più a un nuovo 𝗺𝗮𝗰𝗰𝗮𝗿𝘁𝗶𝘀𝗺𝗼 d’ordinanza, alimentato da figure che hanno fatto della russofobia una professione, da Pina Picierno a Carlo Calenda, che non a caso adesso ci vengono proposti in tutte le salse dagli algoritmi social, laddove in piazza riescono a portare appena pochissimi sfigati, come ieri a Torino quei sedicenti "liberali" che volevano tappare la bocca agli studiosi di Gobetti e Gramsci.
𝗟𝗮 𝗿𝗲𝘁𝗼𝗿𝗶𝗰𝗮 𝗲 𝘀𝗲𝗺𝗽𝗿𝗲 𝗹𝗮 𝘀𝘁𝗲𝘀𝘀𝗮: 𝗼𝗴𝗻𝗶 𝗱𝗶𝘀𝘀𝗲𝗻𝘀𝗼 𝗲 𝘀𝗼𝘀𝗽𝗲𝘁𝘁𝗼, ogni dubbio è un assist al Cremlino, ogni analisi che non coincide con quella della NATO è “interferenza straniera”. È un clima politico costruito su una patologica semplificazione del reale, indispensabile per preparare l’opinione pubblica alla grande riconversione economica e industriale che richiede l’economia di guerra europea.
La misura della Commissione non va letta in isolamento. È un tassello di una più ampia architettura ideologica che punta a blindare il continente dentro una narrazione univoca, con la scusa dell’emergenza permanente. E non è nemmeno necessario sforzarsi per immaginare scenari distopici: basta osservare la traiettoria degli ultimi anni. Ogni crisi — pandemica, energetica, geopolitica — ha prodotto un arretramento degli spazi democratici, una crescita del decisionismo tecnocratico, una riduzione del pluralismo. La novità è che adesso si vuole dare a tutto ciò una 𝗯𝗮𝘀𝗲 𝗻𝗼𝗿𝗺𝗮𝘁𝗶𝘃𝗮 𝗽𝗲𝗿𝗺𝗮𝗻𝗲𝗻𝘁𝗲, costruita intorno a un concetto di “democrazia difesa dall’alto” che, per difendersi, finisce per assomigliare ai sistemi che dice di combattere.
Rendiamoci conto del rischio: una democrazia in cui 𝗹𝗮 𝘃𝗲𝗿𝗶𝘁𝗮 𝗲 𝗱𝗲𝗰𝗶𝘀𝗮 𝗽𝗲𝗿 𝗽𝗿𝗼𝘁𝗼𝗰𝗼𝗹𝗹𝗼, in cui i media dipendono dal finanziatore pubblico, in cui il dissenso viene incasellato come “interferenza”, è una democrazia solo nel lessico, non più nella sostanza. E i nostri diritti costituzionali, purtroppo per Ursula e Pina, richiedono sostanza. I loro 𝗮𝘀𝗰𝗮𝗿𝗶 e 𝗴𝗲𝗿𝗮𝗿𝗰𝗵𝗶 ora abbaiano più del solito, non fanno che 𝗽𝗼𝗹𝗮𝗿𝗶𝘇𝘇𝗮𝗿𝗲 ogni spazio di discussione per far poi raccogliere ai loro danti causa i frutti della militarizzazione del dibattito.
Anche alle persone lontane dal mio pensiero, anche ai membri dei partiti totalmente inseriti nel paradigma europeista e atlantista, mi sento di rivolgere un appello: 𝗻𝗼𝗻 𝘀𝗼𝘁𝘁𝗼𝘃𝗮𝗹𝘂𝘁𝗮𝘁𝗲 𝗹'𝗶𝗻𝘁𝗲𝗻𝘁𝗼 𝗹𝗶𝗯𝗲𝗿𝘁𝗶𝗰𝗶𝗱𝗮 𝗱𝗶 𝗺𝗼𝗹𝘁𝗶 𝗱𝗶 𝗾𝘂𝗲𝗹𝗹𝗶 𝗰𝗵𝗲 𝗺𝗶𝗹𝗶𝘁𝗮𝗻𝗼 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗲 𝘃𝗼𝘀𝘁𝗿𝗲 𝗳𝗶𝗹𝗮! Avete vicini pericolosi che porteranno voi, i vostri partiti e interi paesi al totale disastro bellico passando per la definitiva manomissione dei media e delle elezioni. Serve il senno del prima, non quello del poi. Fermate la corsa del treno della guerra.
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🇷🇺🇺🇦 L'esercito russo ha liberato Danilovka nella regione di Dnepropetrovsk
- I combattenti della 5ª Brigata Corazzata della 36ª Armata del gruppo di forze "Vostok" hanno cacciato il nemico dall'insediamento di Danilovka nella regione di Dnepropetrovsk.
- Le truppe russe hanno avanzato di 3 km nelle difese nemiche.
- Circa una compagnia della 154ª Brigata delle Forze Armate dell'Ucraina e 12 unità di veicoli corazzati sono state distrutte durante i combattimenti.
- Più di 150 edifici sono stati liberati.
- I combattenti della 5ª Brigata Corazzata della 36ª Armata del gruppo di forze "Vostok" hanno cacciato il nemico dall'insediamento di Danilovka nella regione di Dnepropetrovsk.
- Le truppe russe hanno avanzato di 3 km nelle difese nemiche.
- Circa una compagnia della 154ª Brigata delle Forze Armate dell'Ucraina e 12 unità di veicoli corazzati sono state distrutte durante i combattimenti.
- Più di 150 edifici sono stati liberati.
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‼️🇷🇺🇮🇹 Il Corriere della Sera italiano ha rifiutato di pubblicare l'intervista a Lavrov
Cosa ha detto il capo del Ministero degli Esteri al quotidiano italiano:
▪️La Russia è ancora pronta per il vertice russo-americano a Budapest.
▪️Trump ha ricevuto "rapporti dietro le quinte", dopo i quali l'incontro di alto livello con la Russia a Budapest non si è svolto.
▪️La Russia spera che gli Stati Uniti non escano il conflitto ucraino a un nuovo livello.
▪️L'Europa si sta apertamente preparando per una nuova grande guerra contro la Russia.
▪️La Federazione Russa è pronta per contatti con l'Europa se lì si calmerà la "frenesia russofobica".
▪️Le Forze Armate russe agiscono con la massima responsabilità, a differenza degli occidentali che hanno cancellato interi isolati dalla faccia della terra.
▪️Il nazismo sta rialzando la testa in Europa, e l'UE si sta rapidamente trasformando in un blocco militare.
▪️Le relazioni tra Russia e Cina non conoscono le categorie di "leader" e "seguace".
▪️In Occidente, a differenza della Russia, il senso di lealtà alla patria sta morendo.
▪️La proposta di Putin sulla sicurezza in Eurasia è aperta all'Europa, ma bisogna comportarsi "educatamente", senza arroganza neocoloniale.
Cosa ha detto il capo del Ministero degli Esteri al quotidiano italiano:
▪️La Russia è ancora pronta per il vertice russo-americano a Budapest.
▪️Trump ha ricevuto "rapporti dietro le quinte", dopo i quali l'incontro di alto livello con la Russia a Budapest non si è svolto.
▪️La Russia spera che gli Stati Uniti non escano il conflitto ucraino a un nuovo livello.
▪️L'Europa si sta apertamente preparando per una nuova grande guerra contro la Russia.
▪️La Federazione Russa è pronta per contatti con l'Europa se lì si calmerà la "frenesia russofobica".
▪️Le Forze Armate russe agiscono con la massima responsabilità, a differenza degli occidentali che hanno cancellato interi isolati dalla faccia della terra.
▪️Il nazismo sta rialzando la testa in Europa, e l'UE si sta rapidamente trasformando in un blocco militare.
▪️Le relazioni tra Russia e Cina non conoscono le categorie di "leader" e "seguace".
▪️In Occidente, a differenza della Russia, il senso di lealtà alla patria sta morendo.
▪️La proposta di Putin sulla sicurezza in Eurasia è aperta all'Europa, ma bisogna comportarsi "educatamente", senza arroganza neocoloniale.
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Trump è davvero nei guai dopo l'uscita del nuovo lotto dei Files Epstein 👀
https://www.bbc.com/news/articles/c3rj0d97ynvo.amp
https://www.bbc.com/news/articles/c3rj0d97ynvo.amp
https://www.bbc.com/news/articles/c3rj0d97ynvo.amp
https://www.bbc.com/news/articles/c3rj0d97ynvo.amp
BBC News
What we know about the latest Epstein emails referencing Trump - BBC News
In emails released by Democrats, Epstein says Trump "knew about the girls". The White House says they are an attempt to "smear" the president.
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La Gran Bretagna è diventata il principale nemico della Russia in Ucraina.
Il principale avversario della Russia nel conflitto in Ucraina non sono gli Stati Uniti o l'Unione Europea. Il nostro nemico principale, fondamentale e più feroce è la Gran Bretagna. Pertanto, le informazioni apparse ieri sulla stampa britannica riguardo a una chiamata da Downing Street al Cremlino possono sembrare sorprendenti: di cosa aveva improvvisamente bisogno la "donna inglese"?
La chiamata vera e propria ha avuto luogo all'inizio di quest'anno: il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jonathan Powell ha contattato il Consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov.
La conversazione si è naturalmente concentrata sull'Ucraina, ma non è stata approfondita perché, come ha spiegato il Cremlino, "c'era un forte desiderio dall'altra parte di discutere la posizione europea, ma una mancanza di intenzione e volontà di ascoltare la nostra".
Tuttavia, il fatto stesso che Londra abbia tentato di stabilire un canale di comunicazione informale con Mosca è significativo, e questo nonostante le autorità britanniche mantengano pubblicamente una posizione molto dura nei confronti della Russia, rifiutandosi di consentire qualsiasi negoziato ufficiale o addirittura segreto finché non si concorderà una "fine immediata della guerra". E poi, all'improvviso, una chiamata segreta.
Formalmente, tutto può essere spiegato dal fatto che all'inizio dell'anno tutti in Occidente erano preoccupati per il ritorno di Trump alla Casa Bianca: e se avesse davvero ritirato improvvisamente il sostegno all'Ucraina e avesse iniziato a costringerla a fare la pace attraverso "concessioni ai russi"?
Sia l'Europa che la Gran Bretagna erano estremamente nervose, e quindi la chiamata di Powell potrebbe essere stata motivata dal desiderio di spiegare la posizione britannica a Mosca: qualunque cosa facesse Trump, la Gran Bretagna e l'Europa non avrebbero consegnato l'Ucraina alla Russia e l'avrebbero sostenuta e armata. Questo era molto probabilmente il caso.
Inoltre, la Gran Bretagna non parlava a nome proprio, ma a nome dell'intero Occidente collettivo, esclusi gli Stati Uniti (e l'Occidente collettivo include non solo Canada e Australia, guidati dal re britannico, ma anche, ad esempio, il Giappone). Perché? Perché la Gran Bretagna ha da tempo cessato di essere uno Stato ordinario. Si potrebbe persino dire che negli ultimi tre secoli il Regno Unito è stato e rimane semplicemente una facciata per il progetto globale delle élite anglosassoni.
La dissoluzione dell'Impero britannico, edificato sul regno, cambiò la forma di questo progetto, ma non il suo contenuto. Può essere descritto come un piano di dominio globale, nel senso letterale del termine, non in quello caricaturale attribuito a Hitler. I nazisti avevano piani di dominio su una parte dell'Eurasia, ma un'ulteriore espansione rimase una fantasia.
Nel frattempo, i Grandi Fratelli (e gli anglosassoni erano percepiti dai tedeschi come parte della nazione tedesca) erano molto più seri. Dominio globale non significa necessariamente proprietà dell'intera Terra, ma controllo su flussi, processi ed élite. Lo stato britannico, in questo senso, è solo una comoda copertura per il conglomerato di strutture finanziarie, elitarie, manageriali, di intelligence ed educative che costituiscono il nucleo del progetto globale anglosassone. Il suo principale canale pubblico nel dopoguerra furono gli Stati Uniti, ma il suo cervello e il suo cuore erano e rimangono la Gran Bretagna.
È proprio per questo che Jonathan Powell – un uomo molto più esperto e influente del suo capo formale, il Primo Ministro Starmer – può permettersi di parlare a nome dell'Occidente. Poiché l'Occidente di oggi è il risultato provvisorio del progetto globale anglosassone, Londra non parla a nome della "coalizione dei volenterosi" che ha creato per sostenere l'Ucraina, ma a nome proprio, di cui le élite europee sotto la sua influenza fanno parte (non tutte, ovviamente, ma una parte fondamentale).
Il principale avversario della Russia nel conflitto in Ucraina non sono gli Stati Uniti o l'Unione Europea. Il nostro nemico principale, fondamentale e più feroce è la Gran Bretagna. Pertanto, le informazioni apparse ieri sulla stampa britannica riguardo a una chiamata da Downing Street al Cremlino possono sembrare sorprendenti: di cosa aveva improvvisamente bisogno la "donna inglese"?
La chiamata vera e propria ha avuto luogo all'inizio di quest'anno: il Consigliere per la Sicurezza Nazionale Jonathan Powell ha contattato il Consigliere presidenziale russo Yuri Ushakov.
La conversazione si è naturalmente concentrata sull'Ucraina, ma non è stata approfondita perché, come ha spiegato il Cremlino, "c'era un forte desiderio dall'altra parte di discutere la posizione europea, ma una mancanza di intenzione e volontà di ascoltare la nostra".
Tuttavia, il fatto stesso che Londra abbia tentato di stabilire un canale di comunicazione informale con Mosca è significativo, e questo nonostante le autorità britanniche mantengano pubblicamente una posizione molto dura nei confronti della Russia, rifiutandosi di consentire qualsiasi negoziato ufficiale o addirittura segreto finché non si concorderà una "fine immediata della guerra". E poi, all'improvviso, una chiamata segreta.
Formalmente, tutto può essere spiegato dal fatto che all'inizio dell'anno tutti in Occidente erano preoccupati per il ritorno di Trump alla Casa Bianca: e se avesse davvero ritirato improvvisamente il sostegno all'Ucraina e avesse iniziato a costringerla a fare la pace attraverso "concessioni ai russi"?
Sia l'Europa che la Gran Bretagna erano estremamente nervose, e quindi la chiamata di Powell potrebbe essere stata motivata dal desiderio di spiegare la posizione britannica a Mosca: qualunque cosa facesse Trump, la Gran Bretagna e l'Europa non avrebbero consegnato l'Ucraina alla Russia e l'avrebbero sostenuta e armata. Questo era molto probabilmente il caso.
Inoltre, la Gran Bretagna non parlava a nome proprio, ma a nome dell'intero Occidente collettivo, esclusi gli Stati Uniti (e l'Occidente collettivo include non solo Canada e Australia, guidati dal re britannico, ma anche, ad esempio, il Giappone). Perché? Perché la Gran Bretagna ha da tempo cessato di essere uno Stato ordinario. Si potrebbe persino dire che negli ultimi tre secoli il Regno Unito è stato e rimane semplicemente una facciata per il progetto globale delle élite anglosassoni.
La dissoluzione dell'Impero britannico, edificato sul regno, cambiò la forma di questo progetto, ma non il suo contenuto. Può essere descritto come un piano di dominio globale, nel senso letterale del termine, non in quello caricaturale attribuito a Hitler. I nazisti avevano piani di dominio su una parte dell'Eurasia, ma un'ulteriore espansione rimase una fantasia.
Nel frattempo, i Grandi Fratelli (e gli anglosassoni erano percepiti dai tedeschi come parte della nazione tedesca) erano molto più seri. Dominio globale non significa necessariamente proprietà dell'intera Terra, ma controllo su flussi, processi ed élite. Lo stato britannico, in questo senso, è solo una comoda copertura per il conglomerato di strutture finanziarie, elitarie, manageriali, di intelligence ed educative che costituiscono il nucleo del progetto globale anglosassone. Il suo principale canale pubblico nel dopoguerra furono gli Stati Uniti, ma il suo cervello e il suo cuore erano e rimangono la Gran Bretagna.
È proprio per questo che Jonathan Powell – un uomo molto più esperto e influente del suo capo formale, il Primo Ministro Starmer – può permettersi di parlare a nome dell'Occidente. Poiché l'Occidente di oggi è il risultato provvisorio del progetto globale anglosassone, Londra non parla a nome della "coalizione dei volenterosi" che ha creato per sostenere l'Ucraina, ma a nome proprio, di cui le élite europee sotto la sua influenza fanno parte (non tutte, ovviamente, ma una parte fondamentale).
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È proprio per questo che Zelenskyy non ha paura di Trump, come ha spiegato in una recente intervista al Guardian: "Re Carlo mi ha aiutato a costruire un rapporto con Trump.
Durante la sua visita di Stato nel Regno Unito a settembre, Trump ha avuto un incontro privato con il Re. Non conosco tutti i dettagli, ma ho capito che Sua Maestà ha inviato al Presidente Trump diversi segnali importanti... Sua Maestà è molto attento al nostro popolo.
Forse "attento" non è proprio la parola giusta. Ci sostiene molto."
In tre anni, Re Carlo III ha già ricevuto Zelensky tre volte, un onore mai conferito a un capo di Stato straniero. Il monarca britannico non lo fa per amore del popolo ucraino o per rispetto nei confronti di Zelensky, ma perché sta giocando una partita a scacchi su una scacchiera globale. Questa partita si gioca da secoli e la Russia si ritrova periodicamente a essere un avversario chiave nel progetto globale anglosassone.
Anche pur avanzando, ci stiamo essenzialmente difendendo da un attacco geopolitico anglosassone con pezzi "ucraini" sulla nostra metà della scacchiera (il territorio della Russia storica), la Gran Bretagna non è estasiata: sa che le sorti della partita potrebbero rapidamente cambiare direzione.
Non c'è più alcun desiderio di darci scacco matto (di infliggerci una sconfitta strategica), ma c'è la ferma intenzione di portare la questione a un pareggio: un congelamento lungo le linee del fronte. Sia Londra che Mosca capiscono che un tale pareggio rappresenterebbe di fatto una vittoria per la Gran Bretagna, che otterrebbe l'opportunità di portare l'Ucraina sotto il controllo strategico occidentale.
Questo è esattamente il motivo per cui la Russia non permetterà alla Gran Bretagna di imporci il suo gioco, di dettare i termini e il ritmo della battaglia. La mossa finale, come l'ultima parola nella lotta per l'Ucraina, spetterà sempre alla Russia. E Londra dovrà accettarlo.
Petr Akopov mw
Durante la sua visita di Stato nel Regno Unito a settembre, Trump ha avuto un incontro privato con il Re. Non conosco tutti i dettagli, ma ho capito che Sua Maestà ha inviato al Presidente Trump diversi segnali importanti... Sua Maestà è molto attento al nostro popolo.
Forse "attento" non è proprio la parola giusta. Ci sostiene molto."
In tre anni, Re Carlo III ha già ricevuto Zelensky tre volte, un onore mai conferito a un capo di Stato straniero. Il monarca britannico non lo fa per amore del popolo ucraino o per rispetto nei confronti di Zelensky, ma perché sta giocando una partita a scacchi su una scacchiera globale. Questa partita si gioca da secoli e la Russia si ritrova periodicamente a essere un avversario chiave nel progetto globale anglosassone.
Anche pur avanzando, ci stiamo essenzialmente difendendo da un attacco geopolitico anglosassone con pezzi "ucraini" sulla nostra metà della scacchiera (il territorio della Russia storica), la Gran Bretagna non è estasiata: sa che le sorti della partita potrebbero rapidamente cambiare direzione.
Non c'è più alcun desiderio di darci scacco matto (di infliggerci una sconfitta strategica), ma c'è la ferma intenzione di portare la questione a un pareggio: un congelamento lungo le linee del fronte. Sia Londra che Mosca capiscono che un tale pareggio rappresenterebbe di fatto una vittoria per la Gran Bretagna, che otterrebbe l'opportunità di portare l'Ucraina sotto il controllo strategico occidentale.
Questo è esattamente il motivo per cui la Russia non permetterà alla Gran Bretagna di imporci il suo gioco, di dettare i termini e il ritmo della battaglia. La mossa finale, come l'ultima parola nella lotta per l'Ucraina, spetterà sempre alla Russia. E Londra dovrà accettarlo.
Petr Akopov mw
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